(mandolino napoletano)
Nel corso dei secoli ci sono state diverse innovazioni che hanno trasformato lo strumento. Lo strumento di tipo napoletano si impose per l’evoluzione costante della tecnica e divenne la felice sintesi delle caratteristiche di molti strumenti a pizzico antecedenti anche per la pratica accordatura per quinte che conferì una agevole facilità esecutiva.
«Un'importante svolta nella costruzione avvenne a Napoli intorno al 1740 con l'introduzione della tavola obliqua. L'inclinazione veniva ottenuta piegando il legno su un attizzatoio caldo appena dietro il ponticello prima di fissarlo al corpo dello strumento; la forma finale distribuiva la tensione delle corde in modo più uniforme su tutto lo strumento rispetto alla tradizionale tavola piatta. Questo nuovo design divenne un tratto comune e distintivo napoletano, in particolare sulla chitarra battente e sul mandolino di recente sviluppo». (James Tyler e Paul Sparks, The early mandolin, Oxford University Press)
Gli strumenti di questo periodo hanno comunemente tavole fatte di abete o pino, con il fondo (o la ciotola) costruito con un numero di dozzine e trentacinque di doghe di sicomoro, palissandro o acero. Sui migliori mandolini napoletani ogni doghe era scanalata (cioè, scavata dopo essere stata incollata in posizione, in modo che il fondo presentasse una serie di creste e depressioni). La coppia di doghe più vicine alla tavola armonica è molto più profonda delle altre e conferisce al mandolino la sua caratteristica curva profonda, molto più pronunciata di quella riscontrata su qualsiasi altro tipo di strumento a pizzico.
Inizialmente i tasti erano applicati direttamente sul manico ed arrivavano fin sulla tavola armonica.
Successivamente, con Vinaccia, compare la tastiera in ebano e i tasti in metallo (o avorio) erano fissati in fessure nella tastiera al posto dei legacci o delle imprecise tastature in osso. La tastiera era decorata con avorio sui migliori strumenti e giaceva inizialmente a filo con la tavola armonica, a differenza degli strumenti più moderni in cui la tastiera corre sopra la tavola e si ferma alla buca. Si deve a Raffaele Calace il prolungamento della tastiera fino al 29° tasto.
La paletta piatta con piroli sagittali seguiva la tradizione napoletana della costruzione di chitarre e chitarre battenti piuttosto che la testa e i piroli laterali a volute del mandolino.
La buca era aperta e tra questa e il ponticello era posta una piastra protettiva fatta di tartaruga o di un pezzo di legno duro. Fissando le corde a perni di aggancio alla base, si evitava il problema della rottura della tavola, che si riscontra sul tipo di liuto con ponticello incollato fisso ad alte tensioni.
Ma la caratteristica più significativa del mandolino napoletano consiste nell'accordatura. La tradizionale accordatura basata sulle quarte del mandolino, un'accordatura che favorisce uno stile di esecuzione basato sugli accordi, è stata sostituita dalle quinte che conferiscono al mandolino molte caratteristiche del violino. Mentre per un musicista con formazione convenzionale del periodo il mandolino era uno studio separato, il mandolino era facilmente comprensibile da qualsiasi compositore o esecutore che avesse familiarità con il violino, che era diventato il re indiscusso della famiglia degli strumenti ad arco.
Le sue doppie corde sono accordate per quinte: Sol/g2, Re/d3, La/a3, Mi/e4) sono da sempre suonate con un plettro assicurando allo strumento una notevole presenza sonora.
Il plettro inizialmente era ricavato da una penna d’oca (come si usava anche nei clavicembali) ed è per questo che oggi pur essendo in materiale sintetico, viene ancora definito penna o pennetta e il colpo sulle corde viene chiamato pennata.
Si deve a Pasquale Vinaccia, della rinomata liuteria Vinaccia, l’applicazione delle corde in acciaio armonico, in sostituzione di quelle in ottone e budello utilizzate fino ai primi dell'Ottocento, che stabiliscono il definitivo equilibrio sonoro e delle meccaniche a vite che rendono stabile l’accordatura ben più dei piroli in legno usati in precedenza.
Mandolino Napoletano, Vincenzo Vinaccia, 1773.
Mandolino Napoletano, Raffaele Calace, 1925.