Nel XVIII secolo vi erano mandolini che differivano per forma e accordatura a seconda dell'area geografica da cui prendevano il nome e alcune varianti sono ormai quasi dimenticate. È il caso del Mandolino Genovese, di cui si conservano alcuni esempi in collezioni pubbliche e private. Lo studio di questi strumenti ha permesso di identificare le loro caratteristiche costruttive e di collegarle ai liutai attivi a Genova nel XVIII secolo.
Si conserva un manoscritto, risalente alla seconda metà del XVIII sec, in cui per la prima volta si parla di questo mandolino e si trova la dicitura "genovese". Si tratta de La scola del Leutino, o sia Mandolino alla genovese, questo il suo titolo, attribuito a Francesco Conti e conservato nella Biblioteca dell’Università di Glasgow; il manoscritto contiene princìpi generali di musica e informazioni specifiche per accordare e suonare lo strumento.
Francesco Conti, La scola del Leutino, o sia Mandolino alla genovese
Interessante il caso del mandolino di Paganini, esposto all’Esposizione Generale di Torino del 1898 e successivamente acquisito dalla collezione Heyer di Cologna e trasferiti a Lipsia nel 1925, dove andò distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale.
Dalle foto fotografie pubblicate sul catalogo dell’Esposizione si nota che era stato modificato, con un taglio della paletta, per poter essereessendo utilizzato solamente a 4 corde. Le corde molto probabilmente in budello. Conservava però il capotasto originale da cui si riusciva ad evincere questo particolare.
Per quanto riguarda l'accordatura, era probabilmente come le 4 acute della chitarra (Re, Sol, Si, Mi) più che come l'accordatura del mandolino napoletano. Questo lo si può dedurre da una sua composizione, Sonata per Rovene, nella cui parte finale è presente un accordo di Mi maggiore che sottintende questa accordatura.
Niccolò Paganini, Sonata per Rovene, 1805-08.