Vi è una generale tendenza ad eliminare le corde doppie a favore delle corde singole: lo stesso avviene, ad esempio, per il mandolino milanese o lombardo, che dapprima perde il raddoppio degli ordini, mantenendo però una struttura costruttiva simile a quella settecentesca, per poi irrobustirsi, arrivando alla struttura in uso fino alla metà del ‘900.
I tedeschi lo chiamano “Baroc Mandoline”, nella versione a 12 corde.
Il termine mandolino milanese compare per la prima volta nel 1805, nel metodo del virtuoso Bartolomeo Bortolazzi, per indicare un mandolino a 6 corde singole che discendeva direttamente dal vecchio mandolino settecentesco a 6 ordini doppi, condividendone alcune caratteristiche fondamentali fra le quali l’accordatura per intervalli di quarta, il ponte incollato sul piano armonico e il cavigliere a falcetto.
Questo tipo di mandolini - i cui più antichi esemplari pervenutici risalgono agli ultimi anni del Settecento - anche chiamati mandolini lombardi essendo costruiti prevalentemente in Lombardia e nell’Italia settentrionale, ebbero la loro maggiore diffusione fra il 1880 e il 1920 come strumenti alternativi al ben più diffuso mandolino di tipo napoletano, (a quattro ordini, con corde di metallo e accordato per quinte).
Il più antico mandolino milanese pervenutoci, ancora caratterizzato dalla presenza di una rosetta che chiude il foro di risonanza, fu costruito a Torino da Carlo Guadagnini, nel 1792.
Ferdinando Francia nel suo metodo Lo Studio del mandolino milanese, pubblicato all’incirca nel 1890 scrive: il risveglio per lo studio di questo mandolino ha cominciato in Milano da pochi anni quando per impulso del solerte Signor Antonio Monzino si istituì il circolo Dilettanti Mandolinisti e Chitarristi […].
Pochi anni dopo, Agostino Pisani lo descrive come uno strumento a sei corde di cui tre in minugia o budello e tre di seta fasciate di filo di rame argentato accordato per intervalli di quarta con una terza maggiore fra il sesto e il quinto ordine. Il guscio (la cassa) è descritto come costituito da un numero di doghe variabile fra 13 e 25 e il foro di risonanza di forma ovale. La tastiera di questi strumenti - non più complanare alla tavola armonica bensì rialzata – fu estesa fino a 19 o 20 tasti in ottone ed era caratterizzata dal fatto che la porzione di tastiera fra un ferretto e l’altro era concava, una scelta che si basava sulla convinzione che ciò facilitasse una migliore intonazione.
Rispetto al mandolino a 6 ordini di tipo arcaico da cui discendeva, il mandolino milanese si presenta con un guscio più tondeggiante e piuttosto appesantito, con controfasce più spesse e un’incatenatura atta a sopportare la maggiore tensione delle 6 corde singole. Il manico e il cavigliere a falcetto sono generalmente ricavati da un unico pezzo di legno e sulla tavola armonica è generalmente presente un battipenna in legno.
6 cori singoli
6 cori doppi
Particolare di ponte fisso